mercoledì 6 giugno 2012

Antropologia del lavoro

Volendo riflettere sull'antropologia del lavoro dobbiamo avere presente  le diverse motivazioni dell' approccio  dominante da quello cristiano.Oggi  esiste una frattura  fra attività umana in senso proprio e il lavoro. Il lavoro mercificato, alienato  ed  alienante, mirato esclusivamente alla ricerca del profitto è esattamente il contrario di ciò che dovrebbe essere l'attività umana.
Nel senso comune ciò che predomina è la dimensione oggettiva del lavoro, il salario , la produttività. Il ruolo primario della produzione dei beni è affidato al capitale che si è sostituito alla terra, considerata fino alla rivoluzione industriale come fattore produttivo determinante. Invece, secondo il  pensiero cristiano l'elemento più rilevante è rappresentato dall'uomo "dalla sua capacità di conoscenza che viene alla luce mediante il sapere scientifico, la sua capacità di organizzazione solidale, la sua capacità d'intuire e soddisfare il bisogno dell'altro". E' la dignità dell'uomo che "come immagine di Dio" è una persona, un soggetto consapevole e libero, cioè un soggetto che decide di se stesso.  Come persona, l'uomo è quindi soggetto del lavoro. (Laborem Exercens n. 6)
Nonostante  numerose Encicliche sociali abbiano dato indicazioni per evitare un uso distorto del lavoro (considerato semplice strumento per la ricerca del profitto), la realtà economica si dimostra ben lontana dall'attuazione dei loro orientamenti.
Il Magistero si è espresso sempre in maniera forte, specifica e coerente sul tema del lavoro, soprattutto sui  problemi e le condizioni degli uomini che lavorano facendo riflettere su domande fondamentali:
Quale è  il senso  ed il valore dell'attività umana?
A quale scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi?
Come vanno usate le realtà che ci circondano?
L'opera umana può ridursi a solo strumento di accumulazione e guadagno?
Ma la domanda antropologica fondamentale è : chi è l'uomo?
La grande sfida che oggi ci provoca è la riscoperta della persona, dell'essere persona come specificità dell'umano. Per fare questo dobbiamo misurarci continuamente con la cultura contemporanea dove il termine  persona viene spiegato solo con le categorie biologiche, sociologiche e psicologiche. Queste scienze sottolineano solo degli aspetti della persona, ma non arrivano a cogliere la sintesi che costituisce la persona come unità, l'essenza che individua in profondità l'essere umano. Il lavoro è un'attività propria dell'essere umano che determina la crescita dell'uomo  e della società di cui fa parte. Il valore che ne deriva è da un lato l'autoaffermazione della propria persona e dall'altro il servizio all'edificazione della società. L'avvenimento di Gesù Cristo è l'unico principio adeguato per comprendere con l'intelligenza la totalità del reale e della storia e per  un rapporto vero tra Dio e l'uomo. Il fondamento del lavoro è questa relazione  fra Dio  che si rivela attraverso Cristo e  l'uomo che  seguendo Cristo si relaziona con gli altri uomini in un rapporto d'amore. Nella Gaudium et Spes è ben descritto l'uomo come persona e dono: "L'uomo in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa" e  "non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé". Nel cuore della vita divina, la relazione tra le tre Persone (Padre, Figlio, Spirito Santo) si rivela come luogo fondativo della qualità relazionale che costituisce l'uomo come persona.
La persona è tale perchè possiede questa costitutiva disposizione alla comunione e al dono. Come nella Trinità la natura divina vive del relazionarsi, reciproco donarsi e riceversi delle tre  Persone, così nella natura umana la persona si realizza solo in un'apertura agli altri che la  predispone a dare e ricevere una vita di comunione. Questo mistero della vita trinitaria che ci è stato rivelato dall'incarnazione di Cristo, getta luce sul rapporto fra la libertà del singolo uomo e la libertà degli uomini come popolo.
Le conseguenze a livello morale di tale concezione sono che ogni atto dell'uomo, anche il più nascosto ed insignificante, a causa di questa vocazione, ha una portata eterna. Viene così valorizzata la libertà dell'uomo che ha davanti a sè la possibilità di autotrascendimento nella piena realizzazione di tutto il suo essere umano.
Nella scoperta della propria dipendenza originaria, l'uomo conosce la sua originalità come singolo, nel rapporto con l'infinito scopre la propria vocazione, dignità di se stesso, il valore della vita, la dignità ed il valore del  lavoro.
Allora la libertà si realizza come scoperta di appartenere ad un Altro, come legame alla propria origine, come risposta ad una  vocazione.
Principio di cooperazione all'opera della Creazione  e della redenzione

L'antropologia cristiana del lavoro ha alla base il principio che l'uomo attraverso l'attività lavorativa collabora alla creazione e alla redenzione di Dio.
Questa è  la finalità primaria dell'esistenza  umana sulla terra.
Il primo fondamento del  valore  del lavoro è l'uomo stesso, il suo soggetto.
Ne deriva che l'etica del lavoro è : "Il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro" per cui i vari lavori possono essere misurati solo con il metro della dignità del soggetto stesso, l'uomo che lo compie.
Principio di umanizzazione

Il lavoro è il metro di misura della dignità della persona (Laborem Exercens n. 6)
Solo la persona umana  possiede la caratteristica della dignità, non esiste uomo senza dignità. Nella sequela di Cristo l'uomo contribuisce alla realizzazione della storia di salvezza non solo in un ordine spirituale e mistico, ma anche dell'agire politico.
Principio di soggettività
L'uomo è il soggetto del lavoro e quindi il lavoro non è qualcosa di esterno all'uomo ma è parte della sua personalità e della sua esistenza.
Colui che compie attività lavorative è una persona con tutte le caratteristiche legate alla personalità: libertà, coscienza, responsabilità; chi compie il lavoro è un soggetto consapevole e libero, cioè un soggetto che decide di se stesso.

Principio di responsabilità

Essendo il lavoro un atto umano, quindi proveniente dalla volontà, implica la responsabilità della persona ed è legato alla sua percezione della libertà, della coscienza morale ed al senso di responsabilità che non sono innati, ma vanno appresi attraverso un'educazione.
Raramente il lavoro viene analizzato sotto le numerose variabili legate alla responsabilità. Di solito concepiamo la responsabilità sul lavoro come mancato adempimento di un obbligo contrattuale o in funzione di un risultato economico.
Essendo la responsabilità la più importante  categoria dell'antropologia morale, soltanto un comportamento responsabile può essere considerato un comportamento morale.
Vorrei sottolineare anche i significati  di lavoro come fatica  ed espiazione, ma anche come glorificazione di Dio con l'opera umana e preparazione di un regno di comunione con Lui.
Tutti gli uomini di tutti i tempi hanno sperimentato e sperimentano la fatica del lavoro, provata sia da chi lavora in campo materiale che spirituale, sia dal  dipendente che  dal lavoratore autonomo. E' una fatica fisica, psichica, esistenziale dovuta all'imperfezione, all'impotenza di fronte alle cose.
In seguito al peccato originale il lavoro è segnato da un rapporto difficile con il denaro , con l'altro uomo, con il tempo. Tale fatica comporta un sacrificio difficilmente accettabile se non è inquadrato in una realtà esistenziale  rivelata da Cristo, unico Salvatore.
La fatica del lavoro non è una maledizione, è un'espiazione  derivante dal proprio status. "Sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo Crocifisso per noi, l'uomo collabora in qualche modo con il figlio di Dio alla redenzione dell'umanità".
Chi lavora con questo intento, svolge la propria attività in un quadro di glorificazione il cui significato è la liberazione da una condizione esclusivamente terrena.
Lavoro come dono di Dio

Nel Qoélet si sottolinea il tempo in funzione dell'attività umana: " Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il sole" .... "Ho concluso
che non c'è  nulla di meglio per essi, che godere e agire bene nella loro vita; ma che uno mangi, beva e goda del suo lavoro è un dono di Dio".

Antropologia della famiglia

La connessione fra "questione antropologica" e  "questione matrimoniale" è stata oggetto di una lunga serie di catechesi di Giovanni Paolo II  per spiegarci
  • La via fondativa : la natura della persona umana fonda il matrimonio e la famiglia
  • La via rivelativa: il matrimonio e la famiglia svelano la verità della persona
Nel Magistero di questo Papa, la famiglia è un tema centrale, presente in ogni ambito del suo insegnamento all'uomo di oggi  perché il matrimonio e la famiglia stanno nel pensiero di Dio creatore fin dal principio. Dio infatti, creando la persona umana, l'ha chiamata all'esistenza "per amore", l'ha plasmata "a sua immagine e somiglianza", maschio e femmina l'ha creata, ed ha affidato alla coppia umana il compito di vivere e trasmettere l'amore ( ...e i due saranno una sola carne, Genesi 2,24 ) di generare la vita ("siate fecondi e moltiplicatevi" Genesi 1,28)
Attraverso la lettura originaria dell'esperienza di Adamo, icona di ogni uomo, come è narrata nel nella Genesi, Giovanni Paolo II coglie  i  costitutivi della persona umana.
Nel mondo, solo l'uomo può dire "io", con una solitudine originaria, creata dalla sua soggettività   che comprende di essere essenzialmente altro dalle cose che lo circondano. Ma nello stesso tempo l'uomo  sente il bisogno originario di comunicare con gli altri con la tensione alla comunione per cui il suo "io" si trova costituzionalmente legato all'altro. Questa connessione è l'essenza e la definizione dell'amore che indica la perfetta realizzazione del rapporto fra le persone.
Giovanni Paolo II non si stancherà mai di ripetere che l'amore è "la realizzazione più completa delle possibilità dell'uomo". La persona è nella misura in cui ama per cui il mio bene è legato al bene dell'altro. Questa è la logica del dono che viene negata dall'individualismo dominante dove il rapporto è caratterizzato "dall'uso dell'altro".
Il malessere di cui soffre oggi  il matrimonio e la famiglia, secondo il Papa, dipende dal collasso della soggettività umana.
La ragione oggi nega la possibilità di costituire un autentico vincolo coniugale.
Ai  termini come "dono di sé", "paternità/maternità", " amore" si danno significati diversi, spesso contrari per sfiducia nella  capacità di conoscere queste realtà spirituali, spesso negando che questa realtà spirituale esista.  La conseguenza è che anche nell'ordinamento giuridico "matrimonio" e "famiglia" sono parole che possono ricevere qualsiasi contenuto.
Quale terapia propone Giovanni Paolo II? La riproposizione del Vangelo del matrimonio.
Gesù Cristo sa che cosa c'è nel cuore dell'uomo.
E' necessario educare i giovani introducendoli alla verità e alla bellezza di un incontro con Cristo che svela all'uomo e alla donna tutta la ricchezza della loro umanità.
Le riflessioni che seguono sono prese dalle catechesi del Papa dedicate all'antropologia e alla "teologia del corpo" con un approccio originale alla sessualità umana partendo dalla "preistoria teologica" dell'uomo, il dramma del peccato che ne aveva offuscato la bellezza e la restaurazione operata dalla redenzione di Cristo.

A colloquio con Cristo sui fondamenti della famiglia

Nel Vangelo di  San Matteo (19,3) e di San Marco (10)  troviamo il colloquio di Gesù con i farisei che gli ponevano il quesito sulla indissolubilità del matrimonio. La domanda è :" E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?"
Gesù per rispondere si richiama due volte al "principio" facendo chiaro riferimento alle parole della Genesi 1,27 e 2,24. Cristo non si limita solo alla citazione di Gn 1,27: il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse (Gn 2,24): "per questo  l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola", ma Gesù, delle parole della Genesi sottolinea  "che non sono più due, ma una carne sola. Quello che Dio ha congiunto l'uomo non separi".  Quel " non lo separi" è determinate perché Cristo enuncia il principio di unità e indissolubilità del matrimonio come contenuto stesso della parola di Dio espressa nella più antica rivelazione.
Nel primo racconto della creazione l'oggettiva definizione dell'uomo

Gn 1,26 "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò. Dio li benedisse  e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate". In questo brano l'uomo è definito in modo più metafisico che fisico, nella sua dimensione dell'essere. L'entità del bene e del valore che troviamo nel ritmo di  quasi tutti i giorni della creazione raggiunge il culmine dopo la creazione dell'uomo Gn.1, 31) "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona."
Nel secondo racconto della creazione la definizione soggettiva dell'uomo
Gen 2 presenta la creazione dell'uomo specialmente nell'aspetto della sua soggettività.
E' la più antica descrizione e registrazione dell'autocomprensione dell'uomo, e insieme a Gn 3, è la prima testimonianza della coscienza umana. Le parole che direttamente descrivono l'unità e indissolubilità del matrimonio si trovano in Gn.2,18-23 [1].  Subito dopo questi versetti inizia con Gn. 3  il racconto della prima caduta collegato con l'albero della conoscenza del bene e del male.

La situazione  iniziale è  dell'innocenza originaria dell'uomo che  si trova fuori dalla conoscenza del bene e del male.
La seconda situazione è quella in cui l'uomo, dopo aver trasgredito al  comando del Creatore per suggerimento dello spirito maligno simboleggiato dal serpente, si trova dentro la conoscenza del bene e del male.
Legame tra innocenza originaria e redenzione operata da Cristo
Quando Gesù, nel rispondere al quesito dei farisei si richiama alle parole scritte nella Genesi, riferendosi al "principio" richiama  allo stato di innocenza originaria dell'uomo che non ha perduto il suo valore, anche se l'uomo ha perduto l'innocenza.
Lo stato "storico" di ogni uomo che nasce, affonda le sue radici nella propria preistoria
"teologica" che è lo stato  dell'innocenza originaria. Gia in Gn.3,15 è annunciata la vittoria su satana riportata da Gesù Cristo. La redenzione del corpo garantisce la continuità e l'unità con lo stato originario sebbene questa innocenza sia stata storicamente perduta.
La creazione come dono  fondamentale e originario

In Gn.2,25 la frase "Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie ,ma non ne provavano vergogna"indica che la situazione originaria non conosce  rottura o contrapposizione fra ciò che è spirituale e ciò che nell'uomo è determinato dal sesso: ciò che è maschile e femminile. L'originario significato della nudità corrisponde  ad  una pienezza di visione nella quale la comprensione del significato del corpo nasce dalla loro comunità-comunione sponsale. Quindi "in principio" l'uomo e la donna emergono con questa coscienza del significato del corpo maschile e femminile  in una visione unitaria della bontà della creazione divina.
La creazione, come azione di Dio, significa non solo chiamare dal  nulla l'esistenza, ma è anche donazione, una donazione dove il dono sorge dal nulla. Di conseguenza ogni uomo che nasce porta in sé il segno del dono originario e fondamentale. L'uomo è colui che , in mezzo al mondo, ha ricevuto in dono  la donna,  e viceversa.

La rivelazione e la scoperta del significato sponsale del corpo

In Gn. 2,20 l'uomo si sente solo in quanto nessuno degli altri esseri viventi sulla terra gli offre le condizioni di base che rendano possibile una condizione di dono reciproco.
L'uomo ha bisogno di esistere con qualcuno e ancora più profondamente di esistere per qualcuno.
Comunione di persone significa esistere in una relazione di reciproco dono.
Quando il primo uomo, alla vista della donna esclama: "E' carne della mia carne e osso delle mie ossa" ( Gn.2,23) afferma l'identità umana di entrambi, e sembra dire: ecco un corpo che esprime la persona, è il corpo umano nella sua verità originaria di mascolinità e femminilità che manifesta la reciprocità e la comunione delle persone. La mascolinità - femminilità, cioè il sesso, è il segno originario di una presa di coscienza da parte dell'uomo di una donazione creatrice.
Gn 2,24 parla della finalizzazione della mascolinità e femminilità dell'uomo nella vita dei coniugi-genitori. Unendosi fra loro così strettamente da diventare "una sola carne", sottopongono la loro umanità alla procreazione di cui parla Gn 1,28. L'uomo prende coscienza della finalità della mascolinità e della femminilità, cioè della propria sessualità. Nello stesso tempo la nudità originaria, reciproca e non gravata di vergogna, esprime che l'uomo è libero dalla costrizione del proprio corpo e del proprio sesso.
L'uomo-persona diventa dono nella libertà dell'amore

Alla radice della nudità c'è il dono disinteressato di se stessi,  nell'incontro originario l'uomo accoglie interiormente la donna "per se stessa" come è stata voluta dal Creatore, come è stata costituita ad  immagine di Dio e la donna accoglie l'uomo "per se stesso" come è stato voluto dal Creatore, come è stato costituito ad immagine di Dio. In questo consiste la rivelazione sponsale del corpo. Il corpo umano, orientato interiormente dal dono sincero della persona, rivela non soltanto la mascolinità e la femminilità, ma anche un valore ed una bellezza tali da superare la semplice dimensione della sessualità.
                                                                                             


[1] Gn 2,18-23 :" Poi il Signore Dio disse" Non è bene che l'uomo sia solo:gli voglio fare un aiuto che gli sia simile" Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una costola e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: " Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta".Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno ua sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.

Famiglia soggetto e capitale sociale, palestra di democrazia

La famiglia è la palestra per una vera democrazia e quindi riscoprire la sua centralità significa imboccare una strada buona per educare alla democrazia.
La democrazia per sua natura richiede assenso, fiducia, partecipazione, richiede di essere generata continuamente da un bene comune che può essere prodotto solo dalla famiglia e poi viene vissuto nella società e genera un ordine sociale giusto,  pacifico.
La salute della famiglia e la salute della democrazia sono interdipendenti.
E questo lo possiamo constatare dalla crisi che stanno vivendo entrambe ma si potrebbe allargare la connessione della crisi che sta vivendo la famiglia con la crisi della politica, dell'economia, della finanza, dell'ambiente.
E' necessaria una visione organica dei rapporti tra famiglia, impresa, ambiente, comunità, economia, finanza , politica, perché questi elementi hanno bisogno di essere tenuti insieme e solo da Dottrina sociale della Chiesa ha una dimensione interdisciplinare sia nella teoria che nella prassi.
Siamo abituati a pensare che la società moderna sia nata da grandi rivoluzioni politiche, ma questa è una visione parziale, ideologica.
Sono state le associazioni della società civile che hanno costruito la sfera pubblica su cui è sorto lo Stato nazione.
Sono state le famiglie che hanno costruito il mercato.
Purtroppo le famiglie e le associazioni che hanno dato vita alla società moderna si sono fatte "fagocitare" dalle loro stesse creature : Stato e mercato.
Nel corso del processo storico durante il quale si è costruita la modernità, le famiglie, da soggetti attivi, sono diventate soggetti residuali , a supporto dello Stato per quanto riguarda i servizi che questo non riesce a dare, a supporto del mercato per quanto riguarda i consumi.
La naturale soggettività sociale della famiglia è stata soffocata da una cultura che la stimola al disfacimento relegandola ad una "relazione minimale" attraverso il primato dello Stato, oppure ad una "relazione stabile impossibile" attraverso il primato del mercato.
Il riconoscimento alla famiglia tende a ridursi sempre di più con l'assorbimento attraverso il welfare di un numero sempre maggiore di funzioni che le sono proprie , in primis l'educazione e l'assistenza.
Ci sono modelli di sviluppo che generano stili di vita incapaci di coesione sociale.
L'attuale modello di sviluppo ha instaurato uno stile di vita e un ordine sociale che ha indebolito, lacerato la famiglia.
E' il modello dello Stato assistenziale , imperniato su Stato, mercato, individuo.
Per un nuovo modello di sviluppo che sia sostenibile , è necessario concepire la crescita economica integrata dall'umanizzazione della persona.
Il luogo per eccelleza dove può avvenire l'umanizzazione della persona è la famiglia sana.
E' nella famiglia che il nuovo nato può apprendere l'amore gratuito, il dono di sè, prende coscienza che il suo bene è legato al bene dell'altro. (Nell'individualismo dominante il rapporto è caratterizzato dall'uso dell'altro)
Famiglia soggetto sociale
Se vogliamo invertire la rotta, è necessario mettere la società nelle condizioni di riacquistare la sua autonomia valorizzando e promuovendo prima di tutto la famiglia e l'associazionismo familiare attraverso i principi di sussidiarietà, solidarietà e partecipazione che troviamo ben espressi, nell'art. 3 della nostra Costituzione quando ci dice che possiamo parlare di sviluppo completo attraverso " l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese".
Finora non è stato possibile applicare correttamente questi principi per 3 motivi:
1) non ci può essere sovranità popolare senza l'autonomia della famiglia e della società che si articola nella famiglia. ( La famiglia nel nostro sistema ha una posizione privatistica e marginale)
2) è necessario il primato del lavoro sul capitale e questo è possibile solo se la famiglia diventa comproprietaria dei mezzi di produzione ( il nostro modello ha il primato del capitale sul lavoro)
3) è necessaria la compartecipazione dei lavoratori all'impresa affinchè il lavoro imperniato sulla struttura della famiglia abbia motivazioni, obiettivi e finalità diverse dal lavoro staccato dal tessuto sociale.
Famiglia capitale sociale
Che la persona abbia bisogno di vivere con qualcuno e per qualcuno, lo dimostrano anche gli studi sociali ed economici più recenti, dove si rileva che il benessere è derivato in misura determinante da quella rete di relazioni extraeconomiche ed extra politiche in cui le persone mostrano e praticano la fiducia reciproca e seguono norme di cooperazione, solidarietà, reciprocità.
Queste relazioni interpersonali che generano un arricchimento umano reciproco sono il capitale sociale, cioè quel tessuto che rende possibile la buona convivenza e che costituisce il substrato sul quale può attecchire un processo politico ed economico etico.
Qualità e responsabilità della famiglia per essere ciò che è nella sua natura
Vediamo brevemente quali sono le qualità della famiglia che generano capitale sociale:
•·        Prima qualità : La famiglia è il luogo dove si sperimenta in modo unico le diversità radicali dell'umano : la differenza sessuale e la differenza fra generazioni. All'origine stessa della famiglia c'è la diversità fra maschile e femminile. L'altra diversità radicale è quella fra generazioni che crea una scala gerarchica per età: nonni, genitori e figli che stanno su un piano diverso. La famiglia è lo strumento naturale e culturale più efficace per poter conciliare queste differenze radicali perché sa costruire un legame tra queste persone. Se pensiamo al problema dell'accoglienza della diversità che oggi con la globalizzazzione è molto sentito, capiamo che solo con il percorso educativo e di riconoscimento delle diversità dentro alla famiglia è possibile avere cittadini capaci di accogliere le diversità sia come multiculturalità, o disabili, o emarginati.
•·        Seconda qualità :La famiglia non è solo un fatto privato, ma con il matrimonio gli sposi si prendono un impegno pubblico e vanno a formare una nuova realtà con una pubblica assunzione di responsabilità soprattutto in ordine alla generazione e all'educazione dei figli.
•·        Terza qualità : la famiglia vive di legami buoni. Già all'origine del patto coniugale c'è la volontà di unirsi, di donarsi reciprocamente nel desiderio di condivisione.
•·        Quarta qualità :La famiglia è l'ambito educativo primario.
L'atto educativo è il più grande atto perchè rende l'uomo capace di essere persona.
L'educazione è introdurre la persona umana nella realtà, darle strumenti per leggere la realtà, proporle un progetto di vita che risponda all'unico vero bisogno dell'uomo: quello di vivere una vita che abbia un senso.
Nella famiglia è evidente che non ci facciamo da noi, tutti sono dipendenti uno dall'altro e ogni identità personale viene costruita e ricostruita attraverso la storia familiare. La famiglia dunque riequilibra il rischio dell'educazione come soggettività, cioè quello di creare un individuo che rimane l'unico metro di giudizio della realtà e che vede solo se stesso.
Ma le famiglie devono prendere consapevolezza di essere generatrici di capitale sociale, del proprio ruolo sociale, della propria responsabilità pubblica, della propria soggettività autonoma di fronte all'agire del sistema politico,amministrativo ed economico.Occorre una maggiore consapevolezza e una maggior pratica dell'agire sociale della famiglia perchè non basta ripetere "ripartiamo dalla famiglia"o "mettiamo la famiglia al centro "come uno slogan teorico.
La famiglia si deve assumere delle responsabilità perchè solo a partire da una presenza reale di " fatti sociali" prodotti direttamente dalla famiglie, sarà possibile esigere dalla politica e dall'economia una reale " cittadinanza sociale della famiglia".
La cittadinanza sociale della famiglia presuppone l'assunzione di una serie di responsabilità che la famiglia stessa sceglie di assumersi e che sintetizzo in questi 4 punti.
•·        quella di crescere ed educare delle persone responsabili, costruttrici di bene. La famiglia non può essere espropriata da tale compito,ma sostenuta dal contesto sociale e politico, e sostituita solo in caso di incapacità;
•·        quello di costruire legami buoni fra i suoi membri;
•·        avere capacità di aprire queste buone relazioni interne oltre i confini familiari: al vicinato, a chi è nel bisogno;
•·        essere capaci di associazionismo familiare per attivare azioni che sono rivolte alle famiglie coinvolte ed eventualmente ad altre famiglie che presentano esigenze sociali simili.
Le associazioni familiari non sono organizzazioni di volontariato che aiutano altri per altruismo o benevolenza.
Sono fatte da soggetti che vogliono operare su di sé sia direttamente sia indirettamente attraverso altre famiglie con cui condividono lo stesso obiettivo. Bisogna saper vedere le associazioni familiari come parte di quella società civile che non si identifica più con il mercato o con l'opinione pubblica dominante, ma con quelle reti organizzate di solidarietà primaria e secondaria che esprimono una nuova soggettività della società.