sabato 31 gennaio 2015

Udine - convegno 09.02.15 - "persona e comunità" nel programma e nell'appello di Luigi Sturzo a tutti gli "uomini liberi e forti"

 
 
 
L’appello di Luigi Sturzo nasce dal suo concetto di persona che gli consente di fondare un neo-personalismo solidale, laico e cristiano come base dialogica fondamentale e premessa di un nuovo pensiero politico,democratico  originale e antitotalitario. E’ un personalismo che non può essere rinchiuso nelle diverse ideologie, ma è il tentativo di recuperare l’idea di politica come realizzazione del bene comune.
Per Sturzo la prospettiva trascendentale è fondante per il bene comune: è il finalismo della persona umana ( il regno di Dio e la sua giustizia) che da luce al termine astratto di bene comune.
Il riferimento alla “coscienza cristiana”, come base della vita sociale, delle libertà e del progresso civile è certamente l’espressione più forte dell’intero appello “ ai liberi e forti”. E’ un appello al senso del dovere civico per la promozione nella società della giustizia e della libertà, un impegno a sviluppare le energie spirituali e materiali.
Di conseguenza egli affida il suo programma di sviluppo socioeconomico, piuttosto che allo Stato centrale, a un largo decentramento di autonomie locali in relazione alle necessità di sviluppo della vita locale.
Nel convegno del 9 febbraio si approfondirà il concetto di persona e di comunità propri del cristianesimo per trovare le ragioni e le energie  di un nuovo impegno per il bene comune.
 

Ulteriori informazioni sul convegno

APPELLO 18.01.1919 

"A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini supremi della patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e di libertà. E mentre i rappresentanti delle nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni Paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei princìpi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i Paesi uniti nel vincolo solenne della "Società delle Nazioni".

E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.
Perciò sosteniamo il programma politico, morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola augusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse; perciò domandiamo che la società delle nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l'avvento dei disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e dei mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffattrici dei forti.

Al migliore avvenire della nostra Italia - sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano - che per virtù dei suoi figli nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldata la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d'entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.
A uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali - la famiglia, le classi, i Comuni - che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell'istituto parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto alle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali, vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l'autonomia comunale, la riforma degli enti provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali.

Ma sarebbero vane queste riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova società, il vero senso di libertà rispondente alla maturità civile dei nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa non solo agl'individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo, libertà di insegnamento senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.
Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse a nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica, e attingere dall'anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all'autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.

Le necessarie e urgenti riforme nel campo della previdenza e della assistenza sociale nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici mentre l'incremento delle forze economiche del Paese, l'aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l'analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopoguerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.

Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, ispirandoci ai saldi princìpi del cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell'Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi, di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni idealità, di fronte a vecchi liberalismi settari che nella forza dell'organismo statale centralizzato resistano alle nuove correnti affrancatrici.

A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell'amore della patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degli interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito popolare italiano facciamo appello e domandiamo l'adesione al nostro programma.


Roma, 18 gennaio 1919
La Commissione Provvisoria: on. avv. Giovanni Bertini, avv. Giovanni Bertone, Stefano Cavazzoni, conte Giovanni Grosoli, on. dr. Giovanni Longinotti, on. avv. Angelo Mauri, avv. Umberto Merlin, on. avv. Giulio Rodinò, conte avv. Carlo Santucci, prof. don Luigi Sturzo, segretario politico

PROGRAMMA DEL PARTITO POPOLARE ITALIANO

I. Integrità della famiglia. Difesa di essa contro tutte le forme di dissoluzione e di corrompimento. Tutela della moralità pubblica, assistenza e protezione dell'infanzia, ricerca della paternità.
II. Libertà di insegnamento in ogni grado. Riforma e cultura, diffusione dell'istruzione professionale.
III. Riconoscimento giuridico e libertà dell'organizzazione di classe nell'unità sindacale, rappresentanza di classe senza esclusione di parte negli organi pubblici del lavoro presso il Comune, la Provincia, lo Stato.
IV Legislazione sociale nazionale e internazionale che garantisca il pieno diritto al lavoro e ne regoli la durata, la mercede e l'igiene. Sviluppo del probivirato e dell'arbitrato per i conflitti anche collettivi del lavoro industriale e agricolo.
Sviluppo della cooperazione. Assicurazioni per la malattia, per la vecchiaia e invalidità e per la disoccupazione. Incremento e difesa della piccola proprietà rurale e costituzionale del bene di famiglia.

V. Organizzazione di tutte le capacità produttive della nazione con l'utilizzazione delle forze idroelettriche e minerarie, con l'industrializzazione dei servizi generali e locali. Sviluppo dell'agricoltura, colonizzazione interna del latifondo a coltura estensiva. Regolamento dei corsi d'acqua. Bonifiche e sistemazione dei bacini montani. Viabilità agraria. Incremento della marina mercantile. Risoluzione nazionale del problema del mezzogiorno e di quello delle terre riconquistate e delle province redente.
VI. Libertà e autonomia degli enti pubblici locali. Riconoscimento delle funzioni proprie del Comune, della Provincia e della Regione in relazione alle tradizioni della nazione e alle necessità di sviluppo della vita locale. Riforma della burocrazia. Largo decentramento amministrativo ottenuto anche a mezzo della collaborazione degli organismi industriali, agricoli e commerciali del capitale e del lavoro.
VII. Riorganizzazione della beneficenza e dell'assistenza pubblica verso forme di previdenza sociale. Rispetto della libertà delle iniziative e delle istituzioni private e di beneficenza e assistenza. Provvedimenti generali per intensificare la lotta contro la tubercolosi e la malaria. Sviluppo e miglioramento dell'assistenza alle famiglie colpite dalla guerra, orfani, vedove e mutilati.
VIII. Libertà e indipendenza della Chiesa nella piena esplicazione del suo magistero spirituale. Libertà e rispetto della coscienza cristiana considerata come fondamento e presidio della vita della nazione, delle libertà popolari e delle ascendenti conquiste della civiltà nel mondo.
IX. Riforma tributaria generale e locale, sulla base della imposta progressiva globale con l'esenzione delle quote minime.
X. Riforma elettorale politica con il collegio plurinominale a larga base con rappresentanza proporzionale. Voto femminile. Senato elettivo con prevalente rappresentanza dei corpi della nazione (corpi accademici, Comune, Provincia, classi organizzate).
XI. Difesa nazionale. Tutela e messa in valore della emigrazione italiana. Sfere di influenza per lo sviluppo commerciale del Paese. Politica coloniale in rapporto agli interessi della nazione e ispirata a un programma di progressivo incivilimento.
XII. Società delle nazioni con i corollari derivanti da una organizzazione giuridica della vita internazionale: arbitrato, abolizione dei trattati segreti e della coscrizione obbligatoria,
 disarmo universale.


lunedì 26 gennaio 2015

S. Daniele del Friuli - Convegno 29.01.15 - I nativi digitali e l'uso delle tecnologie informatiche

 
 
Il “ digitale” segna in maniera forte e diffusa la nostra epoca.
Anche  “i nuovi media” non sono più nuovi perché internet ha compiuto 25 anni.
I media non sono dei semplici ”strumenti” che usiamo all’occorrenza per poi riporli come si fa con un utensile. I media sono un “ ambiente sempre attivo” che converge con l’ambiente fisico. La nostra esperienza è sempre più mediatizzata e immersiva in quanto, anche non volendolo, siamo sempre sottoposti a stimoli sensoriali. Attraverso strumenti di socializzazione come Facebok e Twitter possiamo interagire con tutto il mondo. Ci sono anche in questo mondo digitale dei segni dei tempi che è importante cogliere per vedere come il nuovo ambiente mediale possa essere un ambito di buona relazione e di educazione al reale, al vero, al bello, alla pace, alla solidarietà fra uomini e popoli. Luigi Sturzo con la sua testimonianza di vita e tutti i suoi scritti ha contribuito a definire nuove pedagogie culturali attingendo dal classico e dal moderno insieme avendo sempre  al centro la valorizzazione della persona umana e l’attuazione della democrazia e solidarietà fra popoli. Sicuramente Sturzo oggi  vedrebbe nel mondo digitale uno strumento potente di diffusione per il recupero ed il rafforzamento dei valori democratici, della dignità della persona, della giustizia e della libertà, dellla cooperazione fra uomini.
 

Luigi Sturzo e l'economia civile




21.01.15 - Udine Sala Scrosoppi via Ungheria 22
Ampia partecipazione di pubblico al secondo convegno organizzato dal Centro Sturzo in collaborazione con l’ISSR  di Udine e ispirato al Lessico sturziano . Il prof. Luigino Bruni  ha esordito dicendo che come studioso e  cittadino ha sempre considerato Sturzo un punto di riferimento nei suoi studi come padre fondatore dell’Italia del 900 ed un classico del pensiero sociale ed economico. Sturzo è stato un personaggio più grande del suo tempo che non è possibile catturare in una sola scuola  perché come i  i grandi autori è stato  fondatore di un pensiero nuovo, classico e moderno insieme. Per capirlo non si può leggerlo con le categorie del 900, ma bisogna  costruire gli strumenti che ci permettono di interpretarlo,altrimenti  il suo pensiero viene amputato e ognuno cerca di portarlo dalla sua parte. Nonostante il  pensiero economico di Sturzo  sia molto di più dell’economia civile, il prof. Bruni ha focalizzato le maggiori assonanze con Genovesi : la sua idea di mercato,  di economia, del lavoro.
L’idea di Sturzo del mercato è molto simile a quella di Genovesi, ed ha la sua origine molto tempo prima , già nel 400. Pensava che il mercato è il migliore strumento per depotenziare il mondo feudale basato su un’economia di rendita e piena di privilegi perché innesca la  mobilità sociale e la circolazione della ricchezza. Perché Sturzo pensava che la rendità è un modo negativo per produrre ricchezza? Perché mentre il profitto che nasce dal lavoro è un profitto buono, la rendita induce la persona a vivere per difendere la ricchezza che ha già prodotto o che ha  ereditato da altri.  Il prof. Bruni ha precisato che l’economia di mercato è ambivalente ed evitare il rischio di nuove schiavitù dipende da noi e dalla politica.
Per Sturzo l’economia è scienza sociale ed il suo oggetto non è mai individuale, ma sociale in quanto è una grande rete di rapporti di cooperazione prima che di competizione. Questa idea la condivide  con Aristotele, san Tommaso e Rosmini. Anche nella visione civile dell’economia, questa è una grande rete di rapporti cooperativi e sociali.

Per Sturzo il lavoro è cooperazione fra gli esseri umani, l’esperienza più sociale dell’uomo, il principale linguaggio sociale.
Egli ha la visione biblica dell’uomo e del lavoro che è comunione fra noi, le cose, il trascendente.Ogni atto umano è un atto spirituale  che consente al lavoro di poter essere un dono quando in esso si esprimono le dimensioni dell’umano: passione, entusiasmo, creatività, cuore.

Il prof. Bruni ha sottolineato che  queste dimensioni dell’umano non si possono comprare con il denaro,  a differenza di quanto spesso ritiene la classe dirigente aziendale.
La riconoscenza e la reciprocità sono il frutto di uno sguardo  di riconoscenza e di stima che il lavoratore si aspetta dai dirigenti. Oggi la prima crisi del lavoro è la mancanza di questo  sguardo di stima.
Se oggi non riprendiamo a guardare il lavoro con occhi sturziani, non saranno sufficienti le riforme di cui tanto si discute in questo periodo di crisi.

sabato 10 gennaio 2015

Luigi Sturzo e l'economia civile





Il 21 gennaio alle ore 17,30 in Sala Scrosoppi, viale Ungheria 22 a Udine si terrà il secondo convegno organizzato dal Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo in collaborazione con l’ISSR sul Lessico sturziano.


Dopo il saluto dell’Arcivescovo mons Andrea Bruno Mazzocato, il prof. Luigino Bruni docente di economia politica all’università Lumsa di Roma presenterà il pensiero dell’economia civile con il tema "Luigi Sturzo e l’economia civile".
Perché è importante parlare di economia civile?
Nell’ultimo ventennio assistiamo ad una ripresa della ricerca scientifica e nell’agire economico nella prospettiva dell’economia civile in quanto la rescissione dell’economia dalle scienze morali, iniziata gradualmente con la rivoluzione industriale, ha visto crescere la ricerca scientifica sul "homo
economicus" il cui comportamento è basato sulla massimizzazione del profitto e sull’utilità individuale.
Che cos’è l’economia civile?
L’espressione "economia civile" si deve ad Antonio Genovesi a cui fu assegnata a Napoli nel 1754 la prima cattedra di economia in Europa. E’ una scuola di pensiero esclusivamente italiana che ha la sua radice nell’epoca dell’umanesimo civile napoletano e prima ancora in Aristotele, Cicerone, San Tommaso.
Dalla fine del 1700, a causa dell’enorme influenza del pensiero dell’economia politica, l’economia civile è stata totalmente emarginata.
Che cosa differenzia l’economia politica dall’economia civile?
La prima elaborazione del pensiero dell’economia politica si deve ad Adam Smith in Scozia nel 1776. Dei tre principi regolativi che stanno a fondamento di ogni ordine sociale, la ricerca scientifica dell’economia politica prende in considerazione soltanto i primi due: il primo mira all’efficiente allocazione delle risorse (compito assegnato al mercato) e il secondo alla redistribuzione che mira all’equità sociale (compito assegnato allo Stato). Da qui nasce il modello Stato-mercato.

Ciò che accomuna tutte le molteplici scuole di pensiero dell’economia politica da Smith ai nostri giorni è la trascuratezza del terzo principio dell’ordine sociale: quello di reciprocità che mira a tradurre in pratica l’idea di fraternità. Per queste scuole la pratica della reciprocità non ha nulla a che vedere con la sfera economica a cui bastano i contratti e le norme giuridiche.

Invece il programma di ricerca dell’economia civile si caratterizza per la sua capacità di tenere assieme tutti e tre i principi sia nella fase di progettazione dell’organizzazione economica della società sia nella fase in cui si svolge concretamente l’attività economica.
Il pensiero economico di Sturzo a quale scuola appartiene?
Per capire la posizione intellettuale di Sturzo riguardo all’economia si deve fare posto ad un concetto di razionalità centrato sulla persona umana che è opposto a quello egoistico che ha il suo fulcro nell’individuo. La sua matrice culturale cristiana e soprattutto la sua capacità di sguardo sul reale, sono propri dell’economia civile. Purtroppo il suo pensiero finora è stato letto solo secondo l’ottica dell’economia politica e questo ha prodotto distorsione e contrapposizioni fra ideologie.

Alla relazione seguirà una discussione con esperti di economia: il prof. Francesco Marangon dell’Università di Udine e il dr. Fulvio Mattioni.

APPROFONDIMENTI SUL CONVEGNO
http://www.centrosturzo.fvg.it/Anno2015_CicloLessicoSturziano_Convegno210115.aspx

LA PARTECIPAZIONE E' GRATUITA - E' GRADITA LA PRENOTAZIONE
Eventbrite - Luigi Sturzo e l'economia civile